Questo impegno che dura da così tanti anni è ammirevole
La camorra prima di allora non aveva mai ucciso un giornalista, ma ciò che aveva fatto Siani ai loro occhi meritava una lezione, una lezione che lui avrebbe pagato con la vita.
Il giornalista infatti nei suoi articoli scriveva la realtà di una Napoli contaminata dalla camorra e dalla corruzione politica: in un ambiente omertoso come quello di Torre Annunziata egli, facendo domande, dava fastidio in quanto poneva scomodi interrogativi.
I clan non sopportarono che un cronista avesse denunciato i loro traffici e soprattutto non potevano tollerare di fare la figura da infami, dal momento che intrattenevano rapporti con le forze di polizia.
Da allora sono trascorsi molti anni e se oggi il ricordo di Siani è così vivo lo si deve all’impegno della sua famiglia, di suo fratello e di suo nipote che anziché vendicarsi o chiudersi nel loro dolore, come avviene spesso dopo un lutto, hanno portato avanti molte battaglie in memoria del loro caro scomparso e in nome della legalità.
Questo impegno che dura da così tanti anni è ammirevole: credo che anche io se fosse accaduto qualcosa di simile a mia sorella, che reputo la persona per me più importante, avrei fatto qualcosa di tangibile per onorarne la memoria e per far sì che il suo ricordo non cadesse nell’oblio.
Quello di girare le scuole d’Italia e di parlare ai giovani mi sembra sia la soluzione migliore, in quanto occorre sensibilizzare sul tema della criminalità organizzata partendo dalle nuove generazioni che con le loro azioni possono provare a cambiare il corso degli eventi.
Sicuramente questa triste vicenda ci insegna che il giornalismo senza compromessi è un mestiere per pochi, per quelle persone che hanno la consapevolezza dell’enorme rischio a cui possono andare incontro e nonostante ciò preferiscono denunciare in nome della verità, piuttosto che tacere per paura.
Credo però che lo Stato di fronte a queste tragedie non possa rimanere in silenzio: egli deve tutelare tutti coloro che come Siani si sono esposti in prima persona, garantendo un servizio di scorta e vigilanza.
Non concedere o revocare la scorta vuol dire essere convinti che la malavita non esista più, invece purtroppo essa esiste ancora, ma attraverso un’azione collettiva di denuncia e di protezione vi è la speranza che possa essere sconfitta.
Michele Mazzieri
Docente